L´appetito è certamente il primo stimolo che abbiamo nel pensare ad un piatto di "pasta fresca".
La pasta fresca è un prodotto naturale nel senso più ampio del termine, sia perché i suoi ingredienti sono completamene naturali (farina, acqua, uovo, ecc...) sia perché essa viene prodotta e consumata fresca tutti i giorni.
La pasta fresca è un prodotto artigianale: è prodotta grazie alle energie degli artigiani liguri che diffondono sulle nostre tavole la cultura del gusto e della qualità.
I prodotti rappresentati nel presente disciplinare, sono tipici della Liguria: pansoti, trofiette, gnocchi, corzetti, picagge, taggioen,...ed ecco un po´ di storia che spiega come l´arte di far la pasta in Liguria sia tale...
È bene sapere che il consumo della pasta nella tradizione è strettamente correlato alla diffusione dell´uso della forchetta, come testimoniato nel libro di cucina compilato alla corte angioina di Napoli ed in versione latina, offerto a re Roberto d´Angiò, in cui si citava un "punteruolo di legno", come strumento necessario per mangiare le lasagne, in quanto dopo la cottura scottavano ed erano viscide e quindi non potevano essere facilmente prese con le dita senza il rischio di bruciarsi.
Questo punteruolo si trasformò presto nella forchetta, molto diffusa nell´ambito borghese così come la pasta.
Massimo Montanari racconta nelle sue pagine lo stretto legame tra la pasta e l´uso della forchetta, strumento che rimarrà circoscritto all´area di consumo della pasta dal Medioevo e sino alla seconda metà del ´500.
L´uso infatti della forchetta inizialmente era considerato simbolo di buone maniere, così come dimostrato dall´episodio della principessa bizzantina che, ospite in Francia, prendeva il cibo con la forchetta, peraltro scandalizzando i prelati per l´eccesso di raffinatezze.
Solo molto tempo dopo la forchetta diventerà obbligatoria e diventerà il simbolo delle buone maniere.
La tradizione della pasta ligure è molto antica, infatti la Liguria è considerata patria sia delle paste essiccate, presenti in innumerevoli formati ma anche di quella fresca trova nei differenti formati creati in Liguria sinonimo di un´ampia espressione creativa.
La storia della pasta ligure è documentata da atti notarili ancora conservati presso l´Archivio di Stato di Genova, già dal 1244, mentre nel 1574 si è costituita nel capoluogo regionale la Corporazione dei Pastai che ha preceduto anche quella dei Vermicellari napoletani e di quelli palermitani. La supremazia dei liguri nel settore della pasta è durata per tutto l´Ottocento. Sino a qualche decennio fa era comune parlare di pasta ´all´uso di Genova´, piuttosto che ´all´uso di Napoli´. Molti sono i formati di pasta nati in Liguria, tra questi è doveroso ricordare i Fidelini, che diedero il nome alla Corporazione dei pastai a Genova, detti appunto, Fidelari.
Alcune paste che storicamente contraddistinguono la Liguria sono:
- le lasagne, citate da un mercante fiorentino residente a Genova, Saminiato de´Ricci, che nel suo "manuale di mercatura" tratta di una ricetta per confezionarle (basso Medioevo).
Le lasagne sono impastate con farina di grano a cui si aggiunge sale ed olio.
L´impasto ottenuto è tirato fino ad ottenere sfoglie sottili, che devono essere lasciate distese per pochi minuti su una tavola affinché possano asciugare, per poi essere riavvolte ad una ad una, per poi essere tagliate in quadri larghi, pronte per essere poi cotte;
- i corzetti, preparati in due forme: grossi e piccoli.
I grossi erano a forma di dischi di pasta di circa 2 cm di diametro, incavati con la pressione del pollice.
I piccoli erano tagliati in forma oblunga della lunghezza di poco più di 1 cm.
La loro diffusione fu così ampia, che iniziarono ad essere realizzati con uno stampo rispettivamente per i corzetti grossi, intagliato con segni araldici, arabeschi, ghirigori ed anche iniziali personalizzate del proprietario dello stampo (stemma della famiglia), mentre per i corzetti piccoli con uno stampo con forma simile ad un piccolo numero otto.
I corzetti si diffusero oltre alla Liguria anche a Napoli nella corte di Carlo II d´Angio, intorno alla fine del ´200, ed anche in Provenza in quanto gli Angioini erano conti in tali territori.
I corzetti oggi si distinguono in corzetti della Val Polcevera rispondono a quelli piccoli con forma simile al numero otto, e corzetti stampati ottenuti tirando le sfoglie di pasta in modo simile alla preparazione delle lasagne, tagliati attraverso uno stampo di legno tondo nel cui incavo vi è un arabesco.
Sull´origine del nome esistono diverse tesi. Una di queste vuole che il nome sia legato ad una moneta dell´antica Repubblica di Genova, il corazzo o crosazzo. Un´altra sostiene che si tratti di una variante di una tipologia di pasta provenzale, i Crosets, da cui sono nate anche le Orecchiette pugliesi.
Si servono con il pesto ma anche con la salsa di noci, di funghi e con u toccu, il ragù di carne alla genovese ed anche con burro fuso, maggiorana fresca e pinoli;
- i fedeli, come indicato in antichi manoscritti arabi, questa pasta alimentare era prodotta e commercializzata in Liguria nel ´200. Era conosciuta nel Mediterraneo con il nome di Tria che portò al nome storico genovese trenette.
Questo tipo di pasta si caratterizzava per una forma lunga ed in particolare si diffuse nella cultura di molti territori italiani: i padani li chiamarono "formentini", i toscani "vermicelli", in Sicilia maccheroni con forme e spessori variabili da zona a zona.
Le trenette si sposano particolarmente bene con il pesto, ma la ricetta tradizionale li vuole serviti con fette di patate e fagiolini. Le trenette sono caratteristiche del territorio anche nella loro versione "avvantaggiata", che prevede nell´impasto anche farina integrale.
Sono chiamate in questo modo proprio per il "vantaggio" che derivava dal minor costo della materia prima;
- le troffie (gnocchi) prendono il nome dal greco ζροфν (cibo - nutrimento), tale etimologia ha dato l´origine anche al nome trofiette.
Alla famiglie delle troffie appartengono quei gnocchetti piccolissimi che si facevano nell´entroterra ligure, tirando con un dito una piccola quantità di pasta su una tavoletta a strette scanalature. Si cuocevano e si mangiavano in brodo.
Ancora assimilabile agli gnocchi vi è una curiosità che rimanda ai tempi dei corallatori di Sestri, Multedo e Pegli che abitavano l´isola di Tabarca (dalla prima metà del ´500 al 1720 circa): essi imbarcavano per il vitto una quantità di pasta che si chiamava kuscussù, confezionata con farina ed acqua e ridotta a palline, lavorata con movimento rotatorio tra il palmo delle due mani.
I corallatori che tornavano periodicamente a Genova diffusero questa pasta che in dialetto diventò lo scuccuzù.
Lo scuccuzù è normalmente utilizzato come pasta per il minestrone alla genovese;
- i ravioli: nei tempi antichi erano sinonimo di torte, tortelli. Erano citati nel manoscritto "Medicinalia quam plurima" da cui si ricavavano differenti ricette, in particolare per confezionare torte, molto apprezzate sia dalle classi sociali dominanti (nobiltà o ricca borghesia mercantile) sia nelle classi popolari.
Tali torte (ravioli) erano descritte come pastelli confezionati con carne, pollame, pesce, formaggio, erbe ed infine dolciumi.
I ravioli erano preparati con un impasto di differenti ingredienti che formava il ripieno, che veniva fasciato tra due sfoglie di pasta, una posta sul fondo della teglia, l´altra sopra l´impasto come copertura.
I ravioli erano anche detti tortelli proprio perché erano fasciati da due sfoglie di pasta, e per la forma e per il metodo di preparazione erano paragonati a piccolissime torte.
In Liguria i ravioli erano anche un immancabile piatto del Carnevale e del Capodanno;
- le gattafure, chiamate a Levanto i gattafin, preparate con un ripieno di erbe e prescinseua (cagliata) e si contraddistinguono per essere fritte in olio;
- i pansotti sono la versione "magra" dei ravioli in quanto preparati con verdure e possibilmente con erbe spontanee (preboggion).
I pansòtti (dal ligure pansa, in italiano "pancia"), sono una pasta ripiena tipica simile ai ravioli, da cui differiscono essenzialmente per la grandezza e l´assenza di carne nel ripieno.
I pansotti alla salsa di noci (pansöti co-a sarsa de noxe) sono uno dei piatti più economici e caratteristici della tradizione genovese. I pansotti dato che non contengono carne, sono un piatto a base di magro, un tempo considerato adatto al periodo penitenziale della quaresima.
Infine nella tradizione pastaia della Liguria non si possono dimenticare altri tipi di pasta come:
- i mandilli de saea: nome, di origine araba, significa fazzoletti di seta ed è particolarmente indicativo, poiché si tratta di una tipologia di pasta di ampie dimensioni (circa 20 cm di lato) che viene tirata sottilissima e così fine da sembrare seta, appunto. La tradizione vuole che l´impasto venga realizzato con uova, farina e vino bianco secco. I condimenti d´elezione sono il classico pesto genovese o un ragù di carne;
- le piccagge: tagliatelle liguri di semola di grano duro che normalmente si servono con pesto e ragù di carne. Quando sono dette "matte", il loro impasto prevede una parte di farina di castagne;
- I taglierini (taggioen): si tratta di pasta fresca lunga di farina di grano tenero e uova. In certi casi all´impasto vengono aggiunti spinaci o borragine, che gli conferiscono un colore verde. Il nome deriva dal verbo tagliare, operazione necessaria per ottenere questa pasta del "dì di festa", ottima con il sugo di carne (co-o tocco). Altri condimenti d´elezione sono i sughi con pesci o crostacei, nonché l´ineguagliabile pesto;
- i testaroli (testaieu): tipici della Lunigiana, ma diffuse anche in provincia di Genova in particolare nel Tigullio, sono semplici focaccine di farina, acqua e sale, cotte nel caratteristico coccio da cui prendono il nome. Hanno una preparazione lunga e complessa. L´impasto particolarmente liquido di farina integrale di grano tenero e miglio viene preparato con acqua e sale e versato sui testi per uno spessore di circa mezzo centimetro.
Dopo la cottura di una decina di minuti si servono con abbondante pesto spalmato uniformemente (*);
- i panigazzi spezzini che prendono nome da panico, cereale simile al miglio ingrediente di pane povero, pur essendo molto simili ai testaroli, una volta cotti nei testetti o anche in testi più grandi, vengono raffreddati, tagliati a rombi o a losanghe e fatti bollire. Tradizionalmente sono conditi con pesto, olio e formaggio oppure con sugo di funghi o di carne, come delle lasagne.